Resdora (Galine si nasce) ::

Uno dei primi blog che ho letto (e che tuttora seguo) è stato quello di Resdora (alias “Galline si nasce“). Blog tenuto  forma di un diario personale. Durante la costruzione del mio sito, mi era venuta l’idea di intervistare i protagonisti dei blog (e non solo). L’unica intervista che sono riuscito a portare a termine è quella fatta alla misteriosa (e per questo affascinante) Resdora. L’intervista tramite e-mail risale a fine Agosto inizio Settembre di questo anno. Ve la ripropongo tale e quale.

Descrivere il mondo di Resdora (Galline si nasce) significa occuparsi di un universo molto intimo e molto particolare. Avvicinandosi ad esso si è trasportati in un mondo di emozioni  e trascinati dai suoi alti e bassi come nelle più vertiginose montagne russe. Nulla meglio della stessa Resdora può rendere l’idea di quello che si vorrebbe descrivere.
Eccovi tre brani estratti dal suo  Blog:
“()ieri è stata una giornata di prove per l’inverno, di grandi scoperte, di novità, di pioggia e odore macilento, di sonno riguadagnato.ieri ho lottato per difendere i miei diritti di lavoratrice scanzonata, e mi sono difesa. che sia chiaro, però: io odio la guerra, e in un regime di sfide e aggressioni io non ci resisto. a me, sul lavoro, piacciono collaborazione e cooperazione, e, se per questo, anche le feste di compleanno con le torte, i caffettini di metà mattinata, le navigate su internet, la posta elettronica a gogò e financo lo svacco collettivo. insomma, l’ho fatta un po’ lunga, ma ieri mi hanno cazziato e io ho reagito bene. come primo giorno non mi posso lamentare.()”
“()In questi giorni ma ha presa lo sconforto esistenziale, accompagnato da una tremenda colite. Perciò, ho cercato di non mangiare latticini e di ranicchiarmi in me stessa per fare passare il male, con scarsi risultati, purtroppo. La paura di non farcela passa quando vuole lei, oppure nel fortunato caso in cui tu abbia qualcuno al fianco che non si stanca di ripeterti che ce la puoi fare, tutte le volte che ti vede con la faccia blu. Ho sempre avuto paura di non farcela, di non essere all’altezza delle mie aspettative su me stessa. Per questo sono così felice quando mi guardo allo specchio e l’immagine che vedo è quella di una donna nuova, che non riconosco. Perché quella donna lì ha più possibilità di me, è una che mi sa stupire, che vale la pena di amare, ma davvero.()”
“()ieri sera, a cena con le mie amiche storiche, quella di una vita e passa, guardando le loro fotografie delle vacanze, con morosi, mariti, fidanzati, compagni, mi sono sentita, per un attimo, malemale: diversa, sbagliata, incomprensibile, ridicola, aliena, pelle verde e bocca grande per mangiarti meglio, incerta, in via di estinzione, una brutta bestia, non normale, non giusta, forse è meglio se mi ammazzo, una terribile amazzone, una cosina strana, ho voglia di piangere un fiume di lacrime e inondare un continente, oddio, sarò malata? stramba, con tre tette, rigida e frigida, chi sono e da dove vengo? infinitamente immobile, inconcludente, paurosa, statica, perdente…insomma, davvero cinque brutti minuti.()”

Il tuo web-log dal titolo “galline si nasce” è intimo ed accorato. In questi casi fare delle domande ha il sapore di mettere il naso in fatti che non ci riguardano. Eppure sei stata tu a volere mettere sulla pubblica piazza i tuoi sentimenti. Per incominciare sarebbe interessante capire il perché e il come.
« Domanda temuta, che mi sono fatta spesso e che trovavo comunque un po’ cattivella, perché cerca di portare alla luce il gusto dell’essere “noti”. è chiaro che scrivo perché mi piace sapere che qualcuno mi legge, ed è una sensazione che mi piace, ahimé, molto. Il mio blog, comunque, non nasce dal desiderio di “notorietà”, bensì nasce per gioco, come tutte le cose che poi ti prendono la mano. Una mia amica mi ha detto “dai, che scrivi bene!”, e mi ha convinta -ci è voluto poco, d’altronde, è una amica di cui ascolto volentieri i consigli-. Ho iniziato raccontando le mie piccole gesta quotidiane, che sono poi le gesta di tutti, la normale avventura dell’esistere. Poi,sono scivolata nel minimalismo e nell’intimismo, che è una cosa tipica di me, della mia vita. poi hanno iniziato a linkarmi, prima un caro amico, e da lì una massa di sconosciuti. e quando mi arrivano mail di ringraziamento o apprezzamento per ciò che scrivo mi sento, oltre che bene, anche utile agli altri. a volte, quello che crediamo di soffrire e di sperare Soltanto noi, si rivela un’esperienza collettiva, no? Così scrivo, mi guarisco, mettendo le mie piccole cose in piazza e quindi sdrammatizzandole, e godo sapendo che qualcuno mi legge e che grazie a me magari si fa anche una risata…»

Il sottotitolo del tuo blog è “salto, incespico, ruzzolo, e  a volte goffamente, volo…”. Ci puoi dire qualcosa in merito a questa frase?
« beh, mi sembrava un modo sintetico e incisivo di raccontare come sono fatta: sto tentando di trovare una dimensione diversa, come una gallina che vuole volare, è nata per farlo, perché è un uccello, ma a volte non ce la fa, con tutti i problemi del caso, soprattutto se hai visto “galline in fuga”. niente di trascendentale: posso essere dura, goffa, brutta e cattiva ma anche poetica, per qualcuno».

  Nel tuo blog non si fa minimamente cenno al tuo vero nome, la tua e-mail è denominata “pennylane” e tutte le persone di cui parli sono chiamate con uno pseudonimo o per iniziale. Perché questa scelta di estrema riservatezza?
 « questo è un pilastro fondamentale dei blog. o almeno del mio blog.scrivo di me e della mia intimità, sono io ma preferisco saperlo solo Io…poi, se qualcuno vuole approfondire, beh, se ne può parlare…come primo approccio mi pare che basti, no? inoltre, a volte non c’è bisogno di nomi: le storie sono storie, anche senza nomi propri.»

Hai avuto riscontri in qualche modo di quante persone seguono il tuo blog? Quando scrivi pensi a una figura  di lettore in particolare?
« ho messo un contatore gratuito sul blog, e so che ho delle visite ricorrenti, ma non ho capito bene come funziona la conta delle visite, tra i reload e quelle balle lì… comunque, il riscontro migliore è quando mi arriva una mail da qualcuno dei miei piccoli lettori: è una bella sensazione, ti fa sentire in armonia con l’umanità. non penso mai ad un lettore specifico, altrimenti non scriverei mai nulla. cerco sempre di pensare che sto scrivendo per me, in questo modo non ho paura dei giudizi e mi sento più libera.»

Leggere un diario comporta, a mio parere, una forte trasmissione di emozioni. Non si può negare, e lo penso davvero, che tu abbia una certo a bravura (abilità?) nello scrivere il tuo. E non parlo solo della forma ma proprio della capacità di descrivere atmosfere, emozioni appunto. Quando scrivi hai la percezione che le tue emozioni possono diventare le emozioni del tuo lettore? O pensi che, dopotutto, la cosa non sia importante?
« la domanda mi mette in difficoltà perché mi sfugge… posso dire che sono sempre stata affascinata da quel tipo di letteratura che riesce a dipingere un’emozione, un elemento, un panorama in modo nitido al lettore, senza perdersi in sbrodolamenti di parole che ti fanno venire voglia di voltare la pagina. amo la semplicità e la concisione e cerco di esprimere come so quello che “sento”. ho un mio modo di scrivere, che si è sviluppato nel tempo, e non so se è quello giusto, so solo che è mio. penso che sia possibile comunicare ai lettori una sensazione e renderla in questo modo un’emozione collettiva. altrimenti non scriverei un blog.»

Non voglio infierire sulla tua assoluta riservatezza. E’ una scelta che rispetto e (in parte) condivido. A questo punto non mi resta che augurarti tanta fortuna.. però in chiusura ho una curiosità da domandarti e questa volta in qualità di tuo lettore: perché ci chiami “tuoi piccoli lettori”?
« C’era una volta…”Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. l’incipit di Pinocchio mi è rimasto impresso tanto tempo fa, quando facevo la studentessa e mi occupavo di cose letterarie. naturalmente, non lo sapevo, mi è tornato in mente la prima volta che mi sono rivolta ai miei lettori. mi piaceva l’idea di chiamarli dentro la storia, che è poi la mia storia, di farli partecipare in modo giocoso, un po’ come all’inizio, immaginavo di non avere lettori, quindi c’era anche una sorta di ironia, scimmiottavo la presunzione dei grandi scrittori.  fondamentalmente, infine, ritengo di stare vivendo una fase regressiva della mia vita, in cui leggo il mondo come una bambina ma lo racconto come una donna: credo nell’importanza di tornare bambini per ridare significato e valore alle nostre quotidianità. e sono convinta che la pensino così anche i miei piccoli lettori…».