Stella Magni: «Danza nella notte»
Intervista di Pietro B.

«Bisogna trovare il proprio sogno perché
la strada diventi facile. Ma non esiste un
sogno perpetuo. Ogni sogno cede
il posto a un sogno nuovo, e non
bisogna volerne trattenere alcuno».
Hermann Hesse

Quando si sceglie un libro lo si fa sulla base di qualcosa che  invoglia, incuriosisce e coinvolge. Il tuo romanzo, “Danza nella notte”,  perché, a parer tuo, dovrebbe invogliare all’acquisto, incuriosire alla lettura e coinvolgere nella trama?

Danza nella notte è un romanzo che richiede una lettura su diversi gradini, vari livelli che si illuminano a vicenda.
Ad un primissimo impatto può apparire una storia rivolta prevalentemente alle donne, mentre sono convintissima che sono proprio gli uomini quelli che dalla storia di Viola coglieranno “il meglio”, avranno un aiuto per entrare in qualche modo in un mondo complesso e affascinante quale può essere l’universo femminile. Molto spesso, credo, gli uomini sono poco attenti alla vita interiore della donna che hanno accanto e questo è forse l’unico errore veramente importante che si dovrebbe stare attenti a non commettere. Mi si può obiettare che è vero anche il contrario, quanti uomini si sentono non capiti, però credo possiamo concordare sul fatto che in un rapporto di coppia siamo quelle “fisiologicamente” più complicate.
La storia nasce dal disagio che Viola percepisce nella propria esistenza e desiderosa di parlare degli aspetti più intimi della propria vita ricorre all’analisi come mezzo per prendere coscienza delle verità rimosse e soprattutto per parlarne con qualcuno che non la giudichi. L’assenza di giudizio da parte del Dottore le consentirà di guardarsi dentro e far salire a galla la sua parte più nascosta.
Viola dice:….

” sono tante altre Viola, ti ho già detto. E’ vero, sento di essere tante donne contemporaneamente, e allo stesso tempo possiedo un occhio che costantemente mi scruta dal di fuori, si pone al di sopra di tutte le Viola che io sono, e mi guarda, ora con tenerezza, ora con sguardo pietoso, qualche volta complice, il più delle volte da semplice osservatore. Di una cosa sono certa: non mi giudica, mai. E questo per me è fonte di benessere, non essere giudicata da me stessa mi aiuta nei momenti più difficili…….

L’analisi come mezzo letterario, nella prima parte del romanzo, è la tecnica di narrare le idee del personaggio così come si presentano alla sua mente, senza un necessario filo logico fra le cose narrate, ma per associazione di idee, come avviene realmente nella nostra psiche.

Le biografie degli scrittori trovano sempre un largo interesse nei lettori. Forse perché li fa sentire più “umani” e “simili” a noi o al contrario totalmente “diversi” da come li immaginavamo. Tu sei al tuo primo romanzo pubblicato, qualche tuo neo-lettore, anche solo potenziale, potrebbe essere curioso di conoscerti meglio. Ci puoi parlare un po’ di te? Stella Magni è uno pseudonimo?

Non è uno pseudonimo. Sai in questo sono un pò fanatica, il mio nome mi piace! Ti racconto qualcosa di me:
ho quarant’anni, sono sposata e ho due figlie, sono cancelliere nella Procura della città in cui vivo. La mia città natale è Matera, la città dei Sassi, bellissima, vi consiglio di visitarla in una bella giornata di primavera, o d’inverno con la neve.
Avrei voluto studiare medicina e specializzarmi in psichiatria (!!!!) , ma le cose sono andate diversamente e non so neanche io perché.
Amo Roma e Venezia, il mare e i papaveri, i film che mi fanno piangere, le canzoni di Elton John, di Giorgia e di Vecchioni, leggo cose diverse perché mi piace scoprire scritture e persone nuove, ma non amo i gialli.
Mi piace comperare biglie colorate in un negozio di giocattoli di Piazza Navona, adoro, letteralmente, il cielo stellato……..
Ho un manoscritto nel cassetto di quattrocento pagine che non ho mai avuto il coraggio di inserire nel computer, poi ho scritto un racconto lungo che è stato rifiutato da diverse case editrici(per la verità nessuno mi ha risposto!!!) e Danza nella notte è , quindi, il terzo romanzo che ho scritto ed il primo pubblicato.
Sono felice per questo risultato ma non sto vivendo giornate particolarmente serene per via della difficoltà “allucinante” ad avere un minimo di visibilità. E’ un pò triste da ammettere, e forse sbaglio a parlarne troppo, ma l’idea che la possibilità che il tuo libro sia o meno conosciuto da un pubblico più o meno vasto sia nelle mani pochi è deprimente. C’è un senso di impotenza che abbatte improvvisamente tutti gli entusiasmi che invece l’avventura merita.

In una recensione di Isabella Marchiolo in Tuttoqui.it si afferma che tu avresti preso lo spunto del tuo libro da “Follia” di Patrick McGrath. Questo bellissimo romanzo inizia con il racconto di uno psichiatra che narra di un caso clinico che lo ha molto coinvolto. Si tratta della passione “letale” tra Stella Raphael, moglie di un altro psichiatra dell’ospedale e Edgar Stark, artista detenuto per aver ucciso la moglie. Sorprendente ed ovviamente casuale l’omonimia fra te e la protagonista del romanzo di McGrath. Possiamo parlare a questo punto, e fatti i dovuti distinguo, di gioco degli specchi tra “Danza nella notte” e “Follia”?

Ti ho parlato della mia passione per la psichiatria, immagina la mia felicità quando mi sono imbattuta in un romanzo come Follia. Una frase del libro mi è rimasta dentro, quando lo psichiatra che ha in cura Stella, la protagonista, le chiede di descrivere l’amore lei risponde:….”se non lo sai non posso spiegartelo”. Per quasi tutto il libro si ha l’impressione di leggere la storia di una donna che si è semplicemente innamorata di un altro uomo, ma la follia, lucidissima, è sottile e nascosta. Mi sono portata dentro per mesi un pensiero, descrivere una donna all’apparenza sana, una come tante, ma pericolosamente vicina a quel confine labile che esiste tra follia e normalità. Naturalmente tutto questo nelle premesse, poi quando si comincia a scrivere il personaggio ti prende la mano e guida le tue parole. Viola è nata così, lentamente e da sola. Ovviamente alla fine ho scoperto che di folle, o di strano e anormale, questa donna non aveva proprio nulla. Anche perché ho imparato che ricorriamo alla parola follia quando si ha paura di chiamare le cose con il loro vero nome, che spesso è qualcosa che fa ancora più male. Desideravo raccontare, questo sì, la storia di una donna che si vuole bene, perché credo che il “segreto” alla fine stia solo in questo. Sono convinta che un sano egoismo sia alla stesso tempo il punto di partenza e il fine a cui tendere nella vita di ciascuno. Riuscire a capire come si è, dentro, nel profondo, lì dove a nessuno è concesso arrivare, e accettarsi.La consapevolezza che non possiamo essere diversi da quello che siamo, e Viola, infatti, rinascerà solo quando si accetterà per quello che è realmente. Tante donne in una. Viola, a differenza della protagonista del libro di McGrath, non arriverà mai alla follia perché riuscirà a non distruggersi per amore di un uomo.

Sempre secondo la Isabella Marchiolo altra ispirazione l’avresti avuta da una mostra di Giacomo Manzù, “corredata da un video che colpì l’attenzione della futura scrittrice“. Ci spieghi cosa il Manzù pittore ha suggerito alla Magni scrittrice? E in che modo?

Avevo appena terminato di leggere Follia e mi trovavo a Matera nel Palazzo dell’Annunziata a visitare una mostra di Giacomo Manzù. Un televisore trasmetteva di continuo un video dove lo scultore si raccontava. Manzù parlava del suo lavoro, ma soprattutto dei suoi affetti, la musica di sottofondo poi era incantevole, dolce e struggente come le sue parole. In modo particolare mi aveva colpito una serie di quadri che lo scultore aveva dedicato a Inge, la sua seconda moglie, accompagnati da una dedica molto bella. Si erano incontrati per la prima volta in un teatro di Salisburgo dove Inge era la prima ballerina e Manzù si era dichiarato donandole una piantina di violette.

A questo punto il “processo creativo” era partito, c’era Follia, c’era Manzù con le sue suggestioni….e ho cominciato a scrivere Danza nella notte.

Naturalmente nel romanzo non c’è nulla né del libro né della storia dello scultore.

Puoi raccontarci adesso le peripezie che hanno portato  nell’ottobre dello scorso anno alla pubblicazione di “Danza nella notte” presso la Marsilio editrice? Quante porte ti sono state sbattute in faccia e quali ostacoli apparentemente insormontabili hai dovuto superare?

L’avventura è cominciata con la mia partecipazione al concorso di pordenonelegge.it (quest’anno scade il 7.06.2003 mentre il concorso su luccautori.it scade il 30.05.2003), sono arrivata tra i venti finalisti con il racconto Uno scherzo del destino, pubblicato in una antologia con prefazione di Dacia Maraini. Il giorno della premiazione ero a Pordenone con una borsa piena di fotocopie di Danza nella notte, che per la verità aveva un altro titolo, Lei si vendica col monologo, e ho cominciato a distribuire copie con relativa lettera di accompagnamento a tutti i membri della giuria. Pensa che avevo di fronte gli editor della Rizzoli e della Sperling, mica roba da poco eh!!

La premiazione fu emozionante e la Maraini ci augurò di essere presenti l’anno successivo in veste di scrittori esordienti , così è stato per me. Ho partecipato alla edizione del 2002 di pordenonelegge.it come testimonial del concorso.

Alla Marsilio ci sono arrivata perché Pordenone è vicina a Venezia e allora come perdere l’occasione di consegnare direttamente il manoscritto? L’ho accompagnato da una copia dell’antologia che avevo appena ricevuto a Pordenone e ho atteso per mesi una risposta. E’ arrivata a Febbraio e ad ottobre il romanzo era nelle librerie.

L’avevo inviato a molte case editrici, due mi hanno risposto negativamente, però dopo la risposta positiva di Marsilio!!! Le porte sbattute in faccia, in senso puramente metaforico, arrivano dopo la pubblicazione! Agli aspiranti scrittori consiglio di partecipare ai concorsi che ci sono su internet, stanno diventando l’unico modo, o quasi, per avere una opportunità.

Parli della difficoltà di avere una visibilità sui media. Sui blog come hai potuto notare tu stessa è stato più facile. Forse perché siamo poco “visibili”, forse perché i blogger le loro scelte le fanno non in base a criteri di mercato, forse perché una segnalazione non la si rifiuta a nessuno… Se hai avuto modo di esplorare questa fetta di internet, cosa ne pensi? E hai mai pensato a farti un blog tutto tuo?

L’editore mi disse queste parole:…..”signora, la fortuna di un libro non la conosce nessuno. Magari un giornalista o un critico se ne innamora e allora…”. Sante parole, vedi gli innamoramenti di D’Orrico o di Giulio Mozzi. Quest’ultimo per la verità collabora con la casa editrice Sironi e mi sembra una cosa buona e giusta che spinga le opere prime che riesce a far pubblicare.

Andrebbero bene, ad averle, anche le recensioni negative, vedi quella di D’Orrico sul libro di Teresa Ciabatti definito il libro più brutto dell’anno e recensito ovunque sino a vendere oltre novemila copie.

La verità è che i libri pubblicati sono una infinità, le rubriche che parlano di libri sono poche o comunque hanno poco spazio e i critici e i giornalisti in genere sono sommersi dai libri che ogni tre mesi si abbattono come uragani sulle loro scrivanie. Sono convinta che Danza nella notte non sia stato neanche svogliato dalla maggioranza dei giornalisti ai quali l’ufficio stampa, ed io, l’abbiamo inviato, e questo non perché ritenuto non interessante ma perché bisognava dare la precedenza ai “grandi” nomi, a quelli segnalati dall’amico, dall’amico dell’amico editore, politico e chissà che altro. Vi dirò la verità, ho deciso di abbandonare la falsa modestia, del resto una pubblicazione che arriva a quaranta anni non ammette ulteriori “perdite di tempo”, ma io sono convinta che se per esempio il romanzo arrivasse nelle mani di un Costanzo, un Raffaele Morelli, un Bruno Vespa, tanto per citarne alcuni, diventerebbe un best-seller. Perché parla di donne, di uomini, di quello che ci tocca più da vicino. Perché, forse, sono riuscita a rivestrire di “sublime” il “reale”.(questa andrebbe spiegata meglio!!!)

E sono felice di aver scoperto grazie al blog di Giorgia e a BlogOltre e al blog ilfogliodicartaigienica e al blog Chiaramente...e potrei continuare, un mondo per me nuovo e davvero affascinante.

Questi diari on line sono un modo di entrare in sintonia con gli altri, un modo per sentirsi meno soli,forse.

Ecco, mi piacerebbe parlare con voi della solitudine, che ritengo essere la condizione fisiologica dell’Uomo. E non è una cosa brutta, anzi. Saper stare con se stessi è il massimo.

No, non ho pensato di farmi un blog tutto mio perché non sarei in grado di “gestirlo”, preferisco leggere le vostre tante e emozionanti parole.

Voglio chiudere questa intervista con le parole di Viola, la protagonista del romanzo…

Sono tre. Gli uomini che amo sono tre. Ho pensato a lungo per decidere da quale dei tre avrei cominciato, non sono riuscita a decidere un bei niente. Ecco, questa è una bella cosa che devi sapere di me: sono eternamente indecisa. E al tempo stesso esageratamente impulsiva. Per non trovarmi nella condizione di essere indecisa, il più delle volte decido senza pensarci assolutamente su, così, d’istinto, e non sempre sono le decisioni giuste. Lo scopro quasi subito, ma la cosa positiva è che non rimpiango comunque di averle prese, quelle decisioni non giuste. Trovi che sia normale? 

…e ancora…

io non so amare.
Io non so amare.
Io non conosco l’amore vero.
Io mi sento vuota.
Sola.
Vuota sola senza amore senza consolazione senza pietà
e senza peccato, si senza peccato, perché tutto quello che ho posto in essere negli ultimi anni della mia vita non ha nulla a che fare con il peccato con gli errori con i tradimenti con le menzogne con la falsità ho solo cercato disperatamente me stessa per farmi compagnia.
Per non essere più così sola.

…questa donna che dice di non sapere amare sembra invece capace di insegnarci cosa sia l’amore, o quantomeno di indicarci il suo personalissimo modo d’amare. Viola (Violetta?), a libro chiuso, ti resta dentro, e spereresti magari un giorno d’incontrarla. E per questo chi ti leggerà, mi auguro tanti, dovrà essertene grato. 

Il disagio di Viola nasce, tra l’altro, dall’idea ossessiva di non saper amare. Più si racconta  e più vengono fuori le sue paure. Ama il marito, ama lo scultore, è in qualche modo affascinata dalla sensualità del suo rapporto con Francesco….Troppo per chi desidera “solo” una vita normale con un amore speciale. E uno solo…Alla fine affrontare una doppia vita mantenendo una separazione tra due relazioni impone un continuo ricorso alla menzogna, alle omissioni, al silenzio. Si cade in una trappola subdola e pericolosa: la duplice condotta infatti non è solo esteriore ma si tratta di dividere il mondo interiore innalzando un muro invalicabile tra i pensieri i sentimenti le emozioni il ricordo del calore di una carezza , in modo che i due ambiti diversi di esperienza non si incontrino mai.

Ma tutto questo richiede un dispendio di energia incredibile, si cerca cioè di incanalare i flussi mentali in circuiti predefiniti controllando e inibendo la vita interiore. Un meccanismo allucinante che indebolisce la psiche e la rende estremamente vulnerabile, incominciando dai ricordi che vengono registrati in due archivi separati non permettendo la formazione di una esperienza complessiva unitaria.

A lungo andare una esperienza doppia può provocare una doppia identità, e anche se è vero che il nostro IO non è un blocco monolitico ci sentiamo felici e realizzati quando i frammenti della nostra vita si armonizzano in un tutto che abbia un senso.

Il cammino esistenziale di Viola la porterà ad affermare che l’amore eterno non esiste, che è solo nell’esperienza della maternità che si può vivere un simile sentimento, l’ora infinita dello stupore, la scoperta di quanto sia meraviglioso anteporre ad ogni proprio desiderio il “fatto” che nella vita ci sia un figlio, il piacere di dare senza aspettarsi niente in cambio. Questo discorso è stato da molti frainteso, perché con queste affermazioni non voglio assolutamente dire che una donna si realizza solo con la maternità. Anzi.  Semplicemente credo che la parola “Eternità” non possa essere accostata nella accezione comune all’amore tra un uomo e una donna.

Quando ci troviamo dinanzi a storie che durano una vita non dobbiamo parlare di eternità ma di un innamorarsi cento volte nel corso dell’esistenza della stessa persona. E’ un ri-scegliersi, è innamorarsi dell’uomo, o della donna, che lui è diventato, di quello che le esperienze, gli incontri le scelte hanno fatto di lui.

Sai perché Viola ti resta dentro? Perché in tutti c’è un po’ di Viola, la difficoltà è accettare una simile idea.

……. l’amore eterno esiste? Volete che io pensi che esiste per davvero? Esiste,ebbene esiste, felici adesso saranno quelle vite che hanno bisogno di queste certezze per vivere, felici saranno così tutti coloro che temono mettere in discussione giorno dopo giorno una scelta d’amore fatta in altre età e con altri sentimenti, felici saranno coloro che non sapranno mai che l’amore eterno esiste come ideale di amore, ma che gli interpreti possono cambiare lungo il Viaggio…..felici, sì…perché la maggior parte di noi ha paura delle cose che non capisce…..

Non so il target dei frequentatori dei blog, e per un attimo ho  pensato che se sono prevalentemente i giovanissimi a frequentare queste pagine potranno non trovare interessante la mia intervista, ma se tra voi ci sono uomini e donne che hanno più di trenta anni già le cose cambiano: sanno di cosa sto parlando.

Ah, un’ultima cosa: Violetta ..(tu l’hai indicata tra parentesi nella domanda)..rappresenta forse la chiave di lettura di tutto il romanzo. Tutte noi sappiamo come si cresce e si diventa donne nascondendo in fondo al cuore segreti, paure, fantasie, ricordi, storie di sentimenti morbosi o violati. Crescere può voler dire portarsi dentro una ferita arrivando da adulte con un bisogno di amore di comprensione e di appagamento che nessun compagno potrà mai soddisfare.

Ma su queste considerazioni, come puoi immaginare, si apre un altro universo. Chissà se le tue lettrici avranno voglia di approfondire….